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ANIMISTE

ANIMISTE

Già dai tempi dei cacciatori-raccoglitori l’animismo è una religione diffusa in tutto il mondo, specialmente tra quei popoli che vivono a stretto contatto con la natura. Dalle steppe della Siberia agli atolli corallini della Polinesia gli uomini imputavano agli elementi, agli animali e agli oggetti un’anima simile a quella umana.

Questa credenza sopravvive ancora oggi, soprattutto nello spirito dei bambini, che attribuiscono intenzioni agli oggetti (spesso i loro giocattoli). Lo ammetto: è una visione che condivido. Forse perché, in un certo senso, quando calzo gli sci, torno un po’ bambino. Nel tempo di una discesa, di qualche curva, il mondo moderno si dissolve lasciando spazio a una sorta di rituale di guarigione, in cui posso dimenticarmi di me stesso attraverso una pratica che affonda le radici nell’alba dell’umanità.

Nella valle in cui sta crescendo mia figlia, nelle Dolomiti italiane, c’è una foresta magnifica. Io ho avuto la fortuna di esplorarla con gli sci o, insieme a Minna, in cerca di funghi. Leggendo l’eccellente libro di Paolo Rumiz La leggenda dei monti naviganti, ho scovato il racconta di un’esperienza vissuta proprio in quel bosco: un violinista virtuoso vi si esibisce e il suono del suo strumento sembra far vibrare all’unisono foresta e musicista, come se anche l’anima (fisica e spirituale) degli alberi reagisse alla melodia. Non è un caso che proprio da queste piante si ricavasse il legno usato dal liutaio Antonio Stradivari per costruire i suoi leggendari violini.

Rumiz completa il suo ragionamento spiegando che uno strumento di qualità è talmente “vivo” che può persino essere danneggiato da un musicista incompetente o semplicemente non alla sua altezza.

Anche io credo che legame che sviluppiamo, nel tempo e nella pratica, con un attrezzo - che siano sci, una tavola da surf o qualsiasi oggetto del nostro quotidiano - sia intenso. Ed è per questo che, pur non essendo una persona profondamente materialista, dedico molta attenzione e cura a questi oggetti. Per esempio, un attacco da sci ben pensato e ben costruito è un pezzo di oreficeria, e lo si percepisce nell’utilizzo: si avverte l’intenzione e il grado di coinvolgimento che il suo creatore ha messo nella progettazione e realizzazione. Col tempo, si sviluppa una relazione strana e intima tra noi e quell’oggetto, che collegheremo a un gran numero di momenti ed emozioni, specialmente quando alla qualità si accompagna la durata nel tempo.

È lo stesso concetto espresso, in un libro a tratti ostico ma decisamente interessante, da Robert M. Pirsig: Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Lì si parla, tra le altre cose, della qualità della cura meccanica come via per vivere al meglio il presente, in pace e felicità con e attraverso i nostri oggetti.

Buona neve a tutti.

✒️ Bruno Compagnet
📸 Layla Kerley

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